Domenica 14 novembre 2021 - 33 B (Mc 13,24-32)

Mentre ci avviciniamo al termine dell’anno liturgico Gesù ci educa alla speranza che non raramente è messa alla prova. Ai nostri giorni non smettiamo di fare l’esperienza drammatica del conflitto fra il bene e il male, percepiamo la bellezza e la fragilità dell’amore, avvertiamo in noi il desiderio di una giustizia che superi quella dei tribunali e ci chiediamo che cosa resterà di tutto questo. Mentre sperimentiamo il nostro limite e la nostra fragilità ci viene detto che la Parola di Dio non passa, non ammuffisce, non invecchia. È un messaggio controcorrente. Si tratta di rimanere in una attesa che si nutre di fiducia, consapevoli che Dio non chiude il suo cuore, non si dimentica di noi. Anzi paradossalmente ci dice che la fragilità della storia è simile alle doglie del parto che fa nascere qualcosa di nuovo, che le fatiche della vita corrispondono all’uscire dalla notte alla luce. Gesù parlando del sole che si oscurerà, della luna che non darà più luce e delle stelle che cadranno, non profetizza la fine del mondo, ma il significato del mondo, nascosto nelle sue pieghe. La speranza a cui Gesù ci educa è simile alla prima fogliolina di fico che spunta sul tronco apparentemente secco.

Noi siamo testimoni che ogni giorno cadono molti punti di riferimento, vecchie cose che vanno in frantumi, programmi che si sciolgono come neve al sole. Quante volte si è spento il sole nella nostra vita, quante volte le stelle sono cadute a grappoli dal nostro cielo, lasciandoci vuoti, poveri, incapaci di sognare il meglio per noi e per gli altri. Una disgrazia, una malattia, la sentenza di un medico, la morte di una persona cara, una sconfitta nell’amore, un tradimento, una relazione diventata muta. E in questi momenti siamo stati costretti a ripartire, recuperando un’infinita pazienza per ricominciare, per ritrovare un nuovo equilibrio. Quante volte la vita ci chiama a guardare oltre l’inverno, a credere nell’estate che comincia con piccoli segni quasi invisibili, con un germoglio su un ramo che pareva ormai morto. Noi spesso confondiamo l’attesa con l’aspettativa. L’aspettativa è della persona che prende tempo perché si avveri ciò che ha già stabilito, mentre l’attesa non ha un oggetto: è l’apertura all’imprevisto. L’aspettativa vuole tutto e subito, l’attesa si nutre di fiducia. L’aspettativa genera ansia, l’attesa genera pace. Chi aspetta vuole vedere ciò che ha previsto, mentre chi spera gli capita di toccare con mano con ciò che non sperava. Gesù ci sta dicendo che per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte e che nemmeno la notte più buia può impedire al sole di sorgere ancora.

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Domenica 21 novembre 2021 - Cristo re - 34 – B (Gv 18,33b-37)

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Domenica 7 novembre 2021 - 32 - B (Mc 12,38-44)