Domenica 16 maggio 2021 - Ascensione – B (Mc 16,15-20)

Nel Simbolo degli Apostoli noi diciamo «Credo in Gesù Cristo, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente». Molti popoli nell’antichità hanno segnato la vita dei loro eroi con la visione di una ascensione in cielo. I greci credevano al rapimento in cielo dell’eroe solare Eràcle, i romani credevano che Romolo, fondatore della città di Roma, fosse salito al cielo tra lampi e tuoni. Anche i cristiani hanno il cosiddetto “eroe” Gesù e affermano la sua ascensione in cielo. Cosa hanno in comune questi tre personaggi? Anche Gesù deve essere riconosciuto come l’eroe, il liberatore dei cristiani? La chiesa primitiva non racconta l’ascensione di Gesù come eroe, ma come antieroe. L’uomo non è chiamato a scalare il cielo, ma a porsi nella pianura della sua umanità, perché in questo spazio ciascuno incontra la bontà di Dio. Il racconto dell’ascensione ci dice che non dobbiamo dare l’assalto al cielo per acquistare dignità, perché siamo figli di Dio, creature amate. Ogni dono non va conquistato, ma ci è dato per grazia. L’ascensione al cielo dice due partenze: quella di Gesù che va verso il Padre e quella degli apostoli che sono mandati nel mondo per annunciare la bella notizia.

Gesù manda anche noi e fa una promessa: chi annuncia il Vangelo è accompagnato da “segni” che rendono credibile l’annuncio. Innanzitutto ci è dato di cacciare i demoni, cioè di avere potere sulle forze diaboliche: di mandar via il diavolo dell’angoscia, del rancore, della disperazione. Inoltre ci è concesso di parlare lingue nuove: di dire bene degli altri, degli stranieri, di chi non lo merita. Chi parla la lingua nuova della comprensione, del perdono, dell’amore, sta annunciando il Vangelo. Non solo, ma l’annunciatore può prendere in mano i serpenti, cioè guardare in faccia le sue paure, i suoi sensi di colpa, il rimorso che gli toglie il sonno. Può dominare anche il veleno, per dire che se un tempo veniva usato per far morire i nemici, ora non c’è nessun veleno che possa far morire il testimone di Cristo durante la persecuzione. Infine grazie all’imposizione delle mani è possibile guarire altri. Non si tratta di avere un fluido particolare, un magnetismo specifico, ma è un segno per trasmettere qualcosa di se stessi. Il riferimento non è soltanto al toccare fisico, ma al toccare in senso più ampio. A tutti è capitato di toccare una persona con una parola, di toccarla con uno sguardo, di toccarla con un gesto… Sono molti i modi con i quali possiamo guarire. Noi cristiani non siamo semplici ammiratori di Gesù, spettatori delle sue azioni, ma chiamati ad annunciare la sua Parola toccando le ferite di altri perché trovino guarigione. 

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Domenica 23 maggio 2021 - Pentecoste B (Gv 15,26-27; 16,12-15)

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Domenica 9 maggio 2021 - 6 di Pasqua – B (Gv 15,9-17)