Domenica 8 agosto 2021 19 B (6,41-51)
Incapaci di leggere in profondità il comportamento di Gesù, i giudei mormorando avevano preteso un altro miracolo dimostrativo per potergli credere. In fondo la reazione della gente è giustificata: chi si crede di essere quel Gesù? Anche lui è nato, come tutti, da una madre e un padre! In Gesù la gente non vedeva nulla di eccezionale, appariva loro poco religioso, poco propenso a risolvere i problemi: non combaciava con la loro idea di Dio. Gesù li invita a non mormorare dello stile di Dio che per raccontarsi sceglie persone normali, deboli, socialmente sconosciute, prive di importanza. Mosè era balbuziente, Amos un contadino, Davide il più piccolo dei fratelli quando fu scelto da Samuele per essere profeta, Maria e Giuseppe non erano delle autorità, i dodici erano persone del popolo. A quelli che cercavano il pane Gesù risponde: «Io sono il pane». La sua persona è nutrimento, la sua parola è cibo, il suo stile di vita è sostentamento. Egli non è un pane qualunque, ma che fa vivere in eterno. L’espressione non significa semplicemente una vita che dura per sempre oltre la morte, ma vissuta in profondità, una vita piena che va al di là di noi stessi.
Il Dio che Gesù racconta non è un’idea, ma un Dio che si fa pane, si fa corpo. È un Dio che si piega sull’umanità ferita, suda e si stanca, si commuove e sorride, ama l’amicizia e l’accoglienza. Non è il Dio che fa paura, ma un Dio bambino che per vivere cerca il piccolo seno della madre, un Dio che muore sulla croce per portare insieme tutte le croci. Un Dio così ci disorienta! Noi vorremo un Dio che risolve i problemi e invece li condivide, vuole la nostra collaborazione. Se stiamo per affogare nel lago non basta che qualcuno ci lanci un salvagente, ma occorre che noi lo afferriamo. Gesù ci sta dicendo che Dio abita nell’umanità povera e inquieta. È nascosto, incarnato nelle persone, nelle situazioni, nella storia: Dio non si vede, ma si riconosce. Gesù non cade mai nella trappola dell’apparenza, non cerca Dio nei palazzi del potere e mentre i discepoli erano come abbagliati dalle bellezze delle pietre del Tempio, Gesù era tutto intento a osservare il gesto della vedova che mette i due spiccioli nella cassa. Mentre cammina si accorge del movimento di Zaccheo, dei giochi dei bambini, del grido del cieco, dell’emorroissa che tocca il suo mantello. Talvolta ci basta guardare una persona per dire: è buona come il pane. E noi delle persone pane ne abbiamo bisogno, perché si regalano il nutrimento di Dio. Per stare in piedi non ci basta il pane dello stomaco, ma abbiamo bisogno anche del pane della vicinanza umana, di un abbraccio. Un abbraccio è come il pane, è staccare un pezzettino di sé, per donarlo all’altro, affinché possa nutrirsi e continuare il proprio cammino: meno solo.