Domenica 12 giugno 2022 - Trinità C (Gv 16,12-15)
Trinità: un solo Dio in tre persone. Un dogma della chiesa che appare uno strano problema matematico: 1+1+1 non fa 1! Dio non è una speculazione filosofica. Il termine “Trinità” non c’è nella Bibbia, ma si racconta la presenza e l’azione del Padre, del Figlio e dello Spirito. Il linguaggio trinitario è simbolico e interpreta l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e quindi racconta di un legame d’amore. In principio a tutto c’è una relazione, qualcosa che ci lega a qualcuno. Il Dio cristiano ci sta dicendo che l’uomo è in se stesso relazione. In questo modo capiamo perché la solitudine ci pesa tanto e ci fa paura, perché è contro la nostra natura. Allora comprendiamo perché quando siamo con chi ci vuole bene, stiamo così bene: si sentiamo realizzati, pieni di senso, perché realizziamo ciò che siamo: persone in contatto con l’altro. Nella creazione Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18). La solitudine sulla terra è il primo male e sembra che anche in cielo Dio non possa stare solo. La Trinità afferma la vittoria essenziale sulla solitudine.
Come le persone della Trinità sono uguali e distinte, così nella nostra famiglia viviamo tra persone della stessa razza umana, eppure distinte tra loro. Siamo persone uguali in dignità eppure persone distinte, non identiche. Ogni uomo ha il suo volto e la sua storia, le sue speranze e le sue fatiche, i suoi ideali e le sue paure. Dio ci conosce per nome e non per sigla. La Chiesa è fatta di Persone: non di cifre, non di codici fiscali, non di green pass. Quando viviamo insieme volendoci bene e rispettando la diversità, diciamo che la famiglia è unita. La Trinità ci insegna che nell’amore ciò che conta è essere uniti rispettando la diversità di ciascuno, senza soffocarci, senza uniformarci. Dio è così: Due persone che si amano a tal punto da generare vita! Nel primo dei capolavori dello scrittore polacco Kieslowski, ispirati ai Dieci Comandamenti, il bambino protagonista mentre gioca al computer domanda alla zia: «Com’è Dio». La zia lo guarda in silenzio, gli si avvicina, lo abbraccia, gli bacia i capelli e stringendolo a sé gli dice: «Come ti senti ora?». Il bambino alza gli occhi e risponde: «Bene, mi sento bene». E la zia: «Ecco Dio è così». La povertà delle nostre relazioni farà silenzio su Dio, mentre la qualità delle nostre relazioni ci dirà chi è Dio.