Domenica 16 febbraio 2025 - 6 C (Lc 6,17.20-26)

Tutti siamo mendicanti di felicità. Il mondo di oggi non cessa di ricordarci che la persona felice è quella che è in salute, ricca, famosa e stimata. Il nazareno Gesù indica un’altra strada estremamente concreta che l’evangelista Luca racconta con quattro beatitudini e quattro lamenti. Dapprima chiama beato chi è povero, chi è affamato, chi piange, chi è rifiutato. Non dice «beati voi» perché soffrite, perché vi manca qualcosa, ma perché «vostro è il regno di Dio», perché appoggiate la vostra sicurezza su di Lui. E poi aggiunge quattro «guai»: rivolti ai ricchi, ai sazi, a chi soltanto ride, a chi si accontenta di ricevere complimenti. Il termine “povero”, in greco, indica lo stare rannicchiato davanti a Dio, davanti a tutti, come in attesa. Al contrario la parola “ricco” signifca l’essere pieni di sé e perché pieni non c’è posto né per Dio, né per nessuno.

Gesù non ha mai disprezzato la ricchezza, ma ne ha denunciato i rischi, perché in essa si può attaccare il cuore. I beni sono preziosi, ma essendo un dono non ne siamo i padroni. Gesù chiama beati i poveri, ma non beatifica la povertà!egli propone un ondo in cui nessuno accumula per sé, nessuno sperpera, ma mette a disposizione ciò che ha ricevuto. Dire «beati i poveri», non è un messaggio di rassegnazione, ma di speranza. Per Gesù è beato chi vive e ama onestamente dove trionfa la falsità. È beato chi conosce le lacrime in una società dagli occhi asciutti per l’indifferenza. È beato chi crede nella fedeltà in un clima diffuso di infedeltà. È beato chi si mantiene umano in un mondo che ha fame di interessi e sete dieuri, mentre altri piangono e muoiono di fame. Il mondo non appartiene a chi lo compra, ma a chi lo rende migliore.

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Domenica 23 febbraio 2025 - 7 C (Lc 6,27-38)

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