Domenica 24 luglio 2022 - 17 C (Lc 11,1-13)

Vedendo Gesù che si apparta a pregare, i discepoli gli chiedono: «Signore, insegnaci a pregare». Dicendo “insegnaci”, riconoscono di non esserne capaci. Non dicono: insegnaci delle preghiere, delle formule o dei riti, ma il cuore della preghiera. Essi chiedono come stare davanti a Dio, come portare la nostra zolla di terra secca alla sorgente, come arrivare con la nostra sete alla fontana. Per Gesù pregare è entrare in un legame con un Dio-Padre. Quando pregate dite «Padre». Non è un Dio immobile e lontano, ma un Padre di cui tu sei figlio e quindi un tuo parente stretto. E aggiunge: «sia santificato il tuo nome»: non dice di non bestemmiarlo, ma di imparare a riconoscere la sua grandezza e di non usare il suo nome per fini politici, per scopi economici, per interessi clericali. La preghiera è supplica di chi dice «Venga il tuo regno», non il nostro. È il domandare il «pane quotidiano», non il pane da accumulare nei magazzini delle banche o delle borse, ma quello che fa vivere ogni giorno. Inoltre si invoca da Dio il «perdono per i nostri peccati», perché ci liberi da ogni rancore che appesantisce il cuore. La preghiera poi conclude dicendo «non abbandonarci alla tentazione», cioè non lasciarci soli a lottare contro il male, tiraci fuori dalla paura, da ogni ferita, da ogni caduta. Con le prima parabola Gesù invita a rivolgersi a Dio come a un amico e nella seconda come Padre.

Purtroppo la preghiera gode di cattiva fama, perché sembra un esercizio inutile, una perdita di tempo di chi si mette in dialogo con il silenzio. E quando preghiamo non raramente succede di trattare Dio come un potente da convincere, un mago da persuadere, così che sganci qualche grazia desiderata. Del resto abbiamo alle spalle secoli di inviti alla devozione, alla recita di formule che nascono bellissime e muoiono distratte, di rosari biascicati pensando ad altro. Spesso si tratta di una preghiera pensata come una sorta di sfinimento nostro e di Dio, sinonimo di recita, di cantilena, di insistenza destinata a convincere Dio delle nostre buone intenzioni: ti prego fammi il favore che ti chiedo! Quante persone, che si ritengono cristiani doc, pensano: ho chiesto a Dio nella preghiera, ma non mi ha esaudito! Poi a distanza di anni si rendono conto che hanno ottenuto tutto ciò di cui avevano bisogno e che spesso, non era ciò che chiedevano. Forse la preghiera non è ottenere ciò che vogliamo, ma capire ciò che non è necessario ed essere riconoscenti per i doni che riceviamo a nostra insaputa. Dio esaudisce sempre, non l nostre richieste, ma le sue promesse!

Indietro
Indietro

Domenica 31 luglio 2022 - 18 C (12,13-21)

Avanti
Avanti

Domenica 17 luglio 2022 16 - C (Lc 10,38-42)