1° novembre 2021 - Cimitero (Gv 20,11-18)

In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Nel giorno in cui la liturgia della Chiesa fa memoria di tutti i santi, ci invita anche a ricordarci dei nostri cari che riposano al cimitero. Li chiamiamo santi perché sono stati amati dal Santo per eccellenza che è il Signore. Ci accomuna il guardare insieme i vuoti della vita, il contare le assenze, quei volti rimasti negli occhi e nel cuore. Tutti abbiamo paura della morte, di quel confine tra notte e giorno, di quell’ombra nera che fa scomparire ogni colore tanto da non far vedere più la luce. Lasciamo un po’ di silenzio dentro di noi per comprendere quanto è preziosa la vita, anche se domani non ci saremo più. Siamo chiamati a benedire la nostra vita e quella degli altri, perché la vita è benedizione anche se provvisoria. Bene-dire è dire-bene della vita, è accendere la speranza e la speranza muove la storia. Oggi il cimitero sembra un giardino, un terreno fiorito e illuminato da tante luci, perché qui riposano le persone con le quali abbiamo percorso insieme un tratto di strada. Per noi non sono degli estranei, ma hanno un nome, una dignità e meritano il nostro ricordo e rispetto. Ci sentiamo vicini a loro soprattutto per l’eredità umana che ci hanno lasciato. Portiamo dentro i loro sguardi, qualche loro parola, qualche consiglio di vita che ancora oggi custodiamo dentro di noi e che ci tiene vivi. Siamo qui perché un filo invisibile di amore ci tiene uniti, anche se distaccati. L’amore, infatti, non è vinto dalla morte, non c’è tomba che lo chiuda, non c’è macigno che lo rotoli via, non c’è cremazione che incenerisca l’amore. Come cristiani non possiamo limitarci a piangere, ma siamo chiamati a dire la nostra fede pasquale, che in modo testardo afferma che la morte non può far cessare il battito della speranza. Quello che sembra un sepolcro chiuso diventa per Gesù un grembo che ha partorito vita, quello che sembrava un seme marcito diventa un seme che si apre a portare frutto. 

Gli ultimi gesti di Gesù sono:mangiare, bere, profumarsi e cenare con i suoi amici. Oggi far memoria di chi si ama è andare alla ricerca di quel pane, di quel vino, di quel profumo di cui quella vita è stata riempita. Sembra che nella vita ci sia un pane, un vino, un profumo capaci di mettere in crisi la morte e di risvegliare i morti! Nel vangelo si dice che Maria torna dal sepolcro e non aveva Gesù, ma aveva il suo profumo, portava dentro il tono della sua voce e questo nessuno poteva portarglielo via. La risurrezione non cancella il corpo, non cancella l’umanità, non cancella gli affetti, li trasforma li trasfigura. Dio non fa morire, perché non è il Dio dei morti, ma dei vivi. Non sarà cancellato ciò che vale e con la morte troveremo modi nuovi per vivere insieme. Ne vangelo la prima parola del Risorto è una domanda rivolta a Maria: «Donna perché piangi?».Non èun invito a smettere di piangere, ma un inchinarsi verso di lei, per abbracciarla, per stringersi a lei, per condividere, per coinvolgersi, per portare insieme il dolore. In realtà Maria e noi piangiamo per amore, versiamo lacrime per chi amiamo. Piange chi ama molto. Oggi gli uomini rischiano di vivere come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto. Solo chi ama può dire di saper vivere!Noi non versiamo lacrime semplicemente perché una persona cara viene a mancare, ma anche perchéviene a mancare una parte della nostra vita. Quando qualcuno muore, qualcosa dentro di noi muore, ci sentiamo più poveri, derubati, privati di una presenza che regalava vita. Nella domanda «Perché piangi?» c’è tutta l’umanità di un Dio che prova sofferenza per il dolore dell’uomo, per le ferite del mondo che in alcuni momenti sembra una collina di sole croci. Gesù non spiega la sofferenza, non toglie il velo sulla morte e a questo proposito non conosciamo il parere di nessun esperto che ci spieghi la morte. Il vangelo ci sta dicendo che chi ama non muore mai!

Indietro
Indietro

1 novembre - Tutti i santi (Mt 5,1-12)

Avanti
Avanti

Domenica 31 ottobre 2021 - 31 - B (Mc 12,28b-34)