Natale 2020 – Vigilia (Mt 1,1-25)
Nel Natale celebriamo la nascita di Gesù, pienamente inserito nella storia umana dei suoi antenati. Nel Vangelo spunta una folla di personaggi, alcuni molto noti, altri quasi sconosciuti. Sono gli antenati di Gesù. L’evangelista Matteo si inserisce in una tradizione, che forse affonda le sue radici in un contesto di nomadi e di beduini. La Bibbia non dice il semplice albero genealogico, ma indica una storia che continua.
1. Gesù nasce per tutti, giusti e peccatori. La storia degli antenati di Gesù è fatta di santi e di peccatori, di comportamenti onesti e scandalosi. Raccontando le origini di Gesù la Bibbia supera la distinzione tra cittadini e stranieri, tra giusti e peccatori, una distinzione che ancora oggi funziona nelle nostre società per separare, per catalogare, per emarginare. Molti attendevano la nascita di un Messia tra quelli che si consideravano buoni, praticanti, giusti, un Messia che finalmente potesse separare il grano dalla paglia. Gesù sembra fare il contrario: non si separa dai peccatori ma va con loro, non li abbandona, ma li perdona. È la strana politica della pazienza tipica del Dio cristiano! È una nascita universale, non semplicemente nel senso geografico, ma qualitativo, perché inizia dagli ultimi, non per trascurare i primi, ma per imparare a vedere il mondo dalla parte giusta, come lo vede Dio. A noi non è chiesto di girare tutto il mondo, ma di far crollare tutti gli steccati che incontriamo nel nostro piccolo mondo.
2. Gesù, figlio di Davide, viene da Dio. A un certo punto nella genealogia c’è una rottura quando si dice: «da Maria fu generato Gesù, detto il Cristo». Non si dice più cheil tale generò il tale, ma che «fu generato». Chi è il generatore? La linea del sangue è ridimensionata, perché Gesù non è solo (e tanto) figlio di Davide, ma viene da Dio. Questo è il mistero di Gesù, la sorpresa e per molti lo scandalo. Gesù è inserito nella storia ebraica, ma la supera: non si separa dalla storia umana, ma vi entra pienamente. Ecco il paradosso: gli uomini si illudono di affermare la propria originalità separandosi, mentre Gesù esprime la sua novità e la sua divinità facendosi vicino. Ci illudiamo di poter dire la nostra originalità per il vestito che indossiamo, per le proprietà che abbiamo, per il trucco che usiamo, per i regali che facciamo. È grande l’illusione che il bello fisico e l’apparire siano le armi vincenti per dire chi siamo. Gesù ci dice con i fatti che la nostra originalità si mostra nell’entrare pienamente nella storia umana, nel farci vicini a chi ha bisogno, nel tendere la mano a chi rifiuta la pace, nell’offrire un saluto a chi ce l’ha tolto… In questo difficile clima di incertezza, segnato da un forzato distanziamento, Gesù supera la distanza tra cielo e terra e si fa uomo per condividere la nostra incertezza di oggi, la nostra ansia per il futuro. Lui che si fa Bambino ci insegni a farci vicini alle persone nei modi e nelle forme consentite. È il farci presenti con una telefonata, un ricordo, una parola di coraggio. Dal Natale in poi là dove c’è vicinanza umana è presente la vicinanza di Dio. È questo il modo più vero non per dire Buon Natale, ma fare un buon Natale!