Avvento 4 – B (Lc 1,26-38)

Nella chiamata di Maria a diventare madre di Gesù, ancora una volta lo stile di Dio ci sorprende, ci lascia senza parole. Per farsi uomo Dio non sceglie una capitale importante, una regione famosa e conosciuta per la sua religiosità e per la sua devozione, ma sceglie Nazareth. Un villaggio di poche case, mai nominato nelle Scritture, in una delle regioni che i benpensanti del tempo consideravano di serie “B”. Non è solo Nazareth a essere malfamata, ma tutta la regione della Galilea. Nel nostro modo di vedere, Dio non poteva trovare un posto peggiore per scegliere la madre del Salvatore! Non solo, ma come gli è venuto in mente, tra le molte possibilità che aveva a disposizione per realizzare il suo progetto, di rivolgersi proprio a una donna e non a un profeta, a una ragazza e non a un sacerdote del tempio? Ma questo ancora non gli basta. Per questa nascita Dio si rivolge a una giovane che si chiama Maria. Un nome da evitare perché ricorda la sorella di Mosè, una figura ambiziosa capace di raggirare il fratello e che Dio ha maledetto con la lebbra. Da quella volta il nome Maria non compare più nella Bibbia, perché evocava la maledizione di Dio. Annunciando la nascita l’angelo saluta Maria come «piena di grazia» e non come «piena di meriti». E a sorpresa gli dice: «Lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù». Ancora una volta Dio stupisce, perché affidando alla donna il potere di dare il nome al bambino che nasce, rompe la tradizione con il passato, che riservava questo compito solo al padre.

Come al tempo di Gesù anche oggi Dio ci sorprende nel voler venire al mondo nella Galilea. Egli non nasce nella città santa del tempio, del trono e del potere, ma al contrario in un luogo di peccato, in una terra di pagani, in una regione scandalosa. Gesù nasce nei luoghi sconosciuti, nei borghi più malfamati, nei cuori più emarginati, dove non c’è nessun svolazzo di angeli, nessun addobbo natalizio, nessuna cornice di luci. Oggi potremmo dire che Egli nasce nelle terapie intensive degli ospedali, nelle famiglie prostrate per la malattia di un proprio caro, nelle case di riposo in cui si muore e si pensa: chi sarà il prossimo? La Galilea di oggi sono le periferie del mondo, dove c’è miseria materiale e morale, dove manca il rispetto per la dignità della persona, dove i bambini la sera non prendono sonno perché hanno fame, dove i grandi a pancia piena non si addormentano per paura dei ladri. Colui che nasce nella regione malfamata della Galilea ci invita a cercarlo nel villaggio degli indifferenti, nel borgo dei cercatori di senso, fra le persone emarginate dentro la chiesa. La sua scelta è un appello per noi ad allargare i nostri confini, perché Lui è già uscito dalla porta che avevamo chiuso per paura degli altri che abbiamo considerato di serie “B”. Egli ha già attraversato il muro che avevamo eretto attorno a noi per difenderci da chi è diverso e non la pensa come noi. Egli ha già superato la barriera che avevamo posto tra noi e i parenti che da anni non salutiamo. Il vangelo ci sta dicendo che Gesù si lascia incontrare quando tocchiamo le ferite degli altri, quando smettiamo di sentirci migliori degli altri, quando camminiamo insieme a chi è caduto, consapevoli che tutti noi abbiamo imparato a camminare cadendo nella nostra Galilea di oggi.

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3 Avvento – B (Gv 1,6-8.19-28)