Domenica 11 aprile 2021 - 2 di Pasqua – B (Gv 20,19-31)
Non solo è stato annunciato che il Crocifisso è risorto, ma ci viene detto anche come possiamo incontrarlo. Il vangelo racconta che il Risorto apparve in mezzo ai suoi entrando a porte chiuse, bloccate con una sbarra. I discepoli comandati dalla paura sono chiusi in casa: sono disorientati perché l’amico Maestro con il quale avevano condiviso tre anni di vita non c’è più. Ogni loro speranza è finita, tutto sembra svanito e inoltre vivono la paura di essere riconosciuti e di fare la stessa fine del Maestro. Ma quelle persone spaesate con saggezza scelgono di stare insieme, non si separano, fanno comunità. Condividono il loro smarrimento, appoggiano l’una all’altra le loro fragilità. Il Risorto apparve in mezzo alla loro paura e augura la pace, che è il dono della sua persona e soffia lo Spirito per sciogliere le paure. Nel gruppo il Risorto cerca proprio chi dubita e lo invita a toccare le sue ferite. Ma Tommaso non tocca il costato, crede alla sua parola di pace. Si arrende non al toccare, ma alla presenza di Cristo che lo incontra. In questo modo il Risorto può dire a tutti noi oggi: «beati quelli che non hanno visto e hanno creduto». La beatitudine sta in un vedere interno al credere e non in una fede che si appoggia al vedere. La mattina di Pasqua il discepolo amato corse al sepolcro «vide e credette» (Gv 20,8). Ma cosa vide? La tomba vuota, i teli e il sudario, non il corpo e le piaghe del Risorto.
Anche noi assomigliamo a Tommaso quando non ci accontentiamo di ascoltare la Parola, ma vogliamo toccare, dimenticando che il dubbio è una sorta di lubrificante della fede. Gesù appare anche a noi per liberarci da una fede talmente sicura di sé da diventare superba, così arrogante da disprezzare chi fa fatica a credere per il peso della vita, per i motivi che solo lui conosce o che non conosce. Tommaso ci insegna che per superare il dubbio basta vedere le ferite delle persone e ascoltare una Parola maiuscola che le illumina e che ci apre sua presenza. Le ferite per il Risorto sono feritoie che aprono a vedere oltre: Dio è nelle ferite! Non possiamo incaricare altri perché credano al nostro posto, perché l’esperienza del Risorto è personale. La vita ci dice che leggere tanti libri sull’amore è aumentare la conoscenza, ma essere amati è un’altra cosa. È l’esperienza che produce la vera conoscenza, perché l’incontro con l’altro accade attraverso la conoscenza del cuore. Il Risorto non si preoccupa di se stesso, ma del pianto della Maddalena, delle paure dei discepoli, delle difficoltà di Tommaso, delle reti vuote dei suoi amici di ritorno dalla pesca. Egli non ti giudica ma ti incoraggia, perché tu possa riprendere fiato, recuperare coraggio. Non viene per chiedere aiuto, ma per portare aiuto: mostra le sue ferite e ti insegna come trovare pace. In che modo? Guarisci le ferite di altri e guarirà presto la tua ferita.