Domenica 21 marzo 2021 - 5 quaresima - B (Gv 12,20-33)
Come in occasione di ogni grande festa erano saliti a Gerusalemme non solo ebrei, ma anche greci, cioè dei pagani, che avendo sentito parlare di Gesù, avvicinano il discepolo Filippo e gli chiedono: «Vogliamo vedere Gesù». Il loro modo di esprimere l’adorazione è incrociare lo sguardo di Gesù, volerlo come toccare con i propri occhi e accarezzarlo con lo sguardo. Con la loro richiesta vanno all’essenziale della preghiera al tempio: fare esperienza di Gesù. Filippo non ha una risposta pronta, scontata, ma la cerca in Gesù ed egli invita ad assumere uno sguardo profondo oltre le apparenze esterne: se volete capire chi sono, guardate il chicco di grano, se volete vedermi guardate la croce. Il chicco di grano appare senza vita, tuttavia non appena cade nella terra e marcisce contiene una forza invisibile agli occhi. La croce appare una sconfitta, ma non appena è piantata nella terra di chi è mendicante di amore, permette di vedere Dio come amore. Per i discepoli, e anche per noi, non è facile accettare l’insuccesso e la morte del nazareno, perché la sua fine senza gloria rischia di mettere fine a ogni speranza. In realtà Gesù non è mai caduto nella trappola del trionfalismo, cercando un destino a basso prezzo, a saldi di fine stagione, ma piuttosto nell’oscurità del terreno del seme: è proprio in quel buio che si sviluppa la fecondità della vita.
È la stessa oscurità che stiamo vivendo nel tempo della pandemia, costretti a muoverci nell’orizzonte ristretto di una stanza o di un mondo visto attraverso una mascherina d’ossigeno, con il pensiero che tortura la mente: sopravviverò?Questa stagione di oscurità fatta di distanziamenti forzati e improvvisi, provoca emorragie della mente e dell’anima, lascia spazio a degli abbracci affidati allo schermo di un telefono, ai silenzi colmi di angoscia. Forse questo tempo di oscurità in cui non vediamo bene che cosa ci aspetta domani, ci sta dicendo l’urgenza di riconoscere il nostro limite, la nostra fragilità, la nostra piccolezza simile a quella del chicco di grano. Gesù non ci invita a una visione doloristica e infelice della religione, ma a riconoscere ciò che è dentro le leggi più profonde della vita: se ti spendi per gli altri, non perdi, ma moltiplichi la vita! Oggi, purtroppo la tendenza dei genitori iper-moderni sono più preoccupati di farsi amare dai loro figli che di educarli, più ansiosi di proteggerli dai fallimenti che di sopportarne il conflitto. Spesso si trasformano in sindacalisti dei loro figli e li convincono di essere nati in una società “pantofola”, pieno di peluche, in cui alla prima difficoltà si accartocciano su se stessi. Chi vive per sé è come il seme caduto in terra che non porta frutto, chi vive per gli altri è come il seme caduto in terra che porta molto frutto. Ai greci che chiedevano: «vogliamo vedere Gesù», possiamo rispondere che egli non si lascia tenere a bada con qualche sacrificio, con qualche messa domenicale, con qualche segno di croce, ma si lascia vedere quando si ama, in modo disinteressato, gli altri.