Domenica 7 febbraio 2021 (Mc 1,29-39)

Il racconto della guarigione della suocera di Pietro, nella sua semplicità, è molto vivo. Tuttavia, il modo di narrare del vangelo può trarci in inganno, perché Gesù è descritto nelle vesti di un operatore quasi magico di interventi miracolosi. In realtà non si vuole dire la cronaca dei fatti, ma evidenziare che l’incontro con Gesù genera nelle persone un cambiamento nella loro storia. Egli non vuole che diventiamo persone di un altro genere, ma persone capaci di cogliere nella sua parola un messaggio di vita. Il vangelo ritrae Gesù sempre a contatto con le persone, collocato dentro la realtà. A Cana fa festa per un matrimonio, entra nella casa di gente impura come Zaccheo, mangia con uomini considerati pubblici peccatori… Egli prende sul serio il vissuto delle persone, non parla dell’anima quando si trova davanti a un corpo sofferente. Viene a sapere che la suocera di Pietro è a letto con la febbre e con i suoi va a trovarla. Non dà appuntamento sulla piazza, non chiama i giornalisti e le telecamere del tempo, ma entra in una casa privata. Si avvicina alla donna, la prende per mano, la fa alzare (letteralmente dovremmo tradurre: la fa risorgere), e lei si mette a servirli. Chi ama trasmette vita e il grosso del lavoro lo fa Cristo. Talvolta noi pensiamo di raggiungere Dio attraverso i nostri riti, le nostre devozioni, le nostre candele, in realtà è lui che gratuitamente ci raggiunge ci guarisce. Noi non siamo liberi quando non abbiamo bisogno di nessuno, perché se la suocera di Pietro avesse ragionato così, da sola non sarebbe guarita. È libero chi riconosce di aver bisogno degli altri, chi accetta di farsi aiutare, chi si lascia amare. Gesù non guariva tutti, ma tutti curava. In che modo? Attraverso la sua vicinanza e la sua parola, che trovava forza nella preghiera. Con la preghiera Gesù sta in rapporto con il Padre, come il fiume dipende dalla sorgente. La fede non è un discorso, ma un cammino verso l’altro. Di conseguenza pregare è non fare di sé il centro della propria vita e della propria azione: non significa predicare se stessi! La preghiera non è una lista di richieste da presentare a Dio, o peggio un suggerire a Dio il suo mestiere. Non si prega perché una situazione vada in modo diverso, ma perché possa cambiare il nostro modo di affrontare la realtà, la situazione, la malattia. Spesso i fatti non cambiano, perché il corso della vita segue una sua logica che si impone. Anche il pregare di Gesù nel Getsemani non cambierà la realtà, ma gli darà la forza per stare con fiducia dentro il percorso della croce. Gesù, guarendo la suocera di Pietro, ci coinvolge nel vivere corpo a corpo con la gioia e il dolore delle persone: avvicinandoci a coloro che stanno male, prendendo la loro mano e rimettendoli in piedi perché tornino a servire altri. Questo è il miracolo: appoggiare una fragilità sull’altra.

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Domenica 14 febbraio 2021 (Mc 1,40-45)

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Domenica 31 gennaio 2020 (Mc 1,21-28)