Famiglia di Nazareth (Lc 2,22-40)
Gesù è nato. In questo periodo ci trova con lo sguardo silenzioso, in fatica a parlare, titubanti nel salutare. Egli ci osserva indifesi e vulnerabili, in riserva con la nostra pazienza e nella speranza che questo cammino incerto sia breve. Oggi nella liturgia, anche noi ci uniamo a un piccolo gruppo che al tempio di Gerusalemme passa come inosservato: una famiglia di profughi molto giovane e due anziani. Maria tiene in braccio il bambino, Giuseppe porta l’offerta dei poveri: due giovani colombe. Insieme vanno per il rito di purificazione della madre e presentare al Signore il dono più prezioso: un bambino. Lo portano al tempio secondo la tradizione, per dire che quel figlio non è loro, ma appartiene a Dio che dona la fecondità. Sulla soglia trovano due anziani in attesa che non smettono di sperare: Simeone e Anna. Non sono due sacerdoti, ma due laici che sanno vedere oltre e riconoscono in quel bimbo appena nato il Messia. Essi percepiscono la presenza di Dio: vedono nel bambino Colui che è capace di far cadere le maschere indossate dall’uomo, vedono Colui che contraddice tutto ciò che non è amore, vedono in Lui la possibilità di ricominciare sempre dopo ogni caduta.
Ai nostri giorni non è facile descrivere la fisionomia della famiglia, tante sono le mutazioni che ha subito. Da un modello di famiglia patriarcale fatto di comandi, di regole e punizioni, si è passati a un modello che imposta i rapporti sul dialogo: dal “devi obbedire!”, al “devi capire”. Lo spaccato familiare di oggi è quanto mai variegato: ci sono coppie senza figli, famiglie con un solo figlio o con un solo genitore, famiglie di genitori diversi che vivono insieme, di persone separate o vedove che vivono da sole, di figli che vivono con i nonni o con coppie diverse di genitori, di giorno o durante i fine settimana. Oggi si pensa che a decidere la nascita e lo sviluppo di una famiglia sia il legame affettivo con un’altra persona e non per forza la celebrazione di un matrimonio. La realtà della famiglia segnala l’importanza di fondere insieme due esigenze contrastanti dell’essere umano: il bisogno di appartenenza e la libertà individuale. Un equilibrio non sempre facile da mantenere, perché ogni appartenenza e ogni libertà hanno un prezzo da pagare. Molte famiglie di oggi, infatti, sono ferite perché segnate dalla separazione, dal divorzio, provate dal fenomeno dell’abuso e della violenza. Ma ci sono anche famiglie coraggiose che condividono l’impegno dell’affido e il rischio dell’adozione, non come la ruota di scorta dell’infertilità, ma come scelta per onorare i diritti della persona. Della famiglia di Nazareth non sappiamo molto: non ci viene detto come scorrevano le giornate, quali scelte venivano fatte, quale aria si respirava. Forse si vuole raccontare il silenzio della quotidianità e della normalità, quale spazio di incontro con Dio. È il silenzio di chi, in ogni famiglia, vive tra slanci e scoraggiamenti, tra lavoro e riposo, tra soddisfazioni e delusioni. Ciò che caratterizza la famiglia di Nazareth non sono le cose religiose che compie, ma il fare in silenzio le cose ordinarie ponendo al centro il bambino Gesù. Allo stesso modo i nostri gesti e i nostri comportamenti potranno parlare di Lui senza dire una parola.