Domenica 30 maggio 2021 - Trinità - B (Mt 28,16-20)
Celebriamo oggi la solennità della Trinità. In realtà nella Bibbia non esiste nessuna formula della Trinità come Padre, Figlio, Spirito Santo. Nella dottrina ufficiale della chiesa la Trinità si è affermata come dogma nel quarto secolo con il Concilio di Costantinopoli (381). Spiegare la Trinità è qualcosa come voler spiegare il motivo per cui una persona ama un’altra. Possiamo dare tante definizioni dell’amore, ma lo comprendiamo solo quando ne facciamo l’esperienza. Dal momento che Dio è amore, le cose di Dio si comprendono amando. Il regista polacco Kieslowski, nel film Decalogo, il bambino protagonista che gioca col computer, a un certo punto chiede alla zia: «Com’è Dio?». La zia lo guarda in silenzio, gli si avvicina, lo abbraccia, gli bacia i capelli e tenendolo stretto a sé dice sottovoce: «Come ti senti, ora?». Il bambino alza gli occhi e risponde: «Bene, mi sento bene». E la zia: «Ecco, Dio è così». Dio è un abbraccio: ecco la Trinità. Oggi è la festa di un Dio che è relazione, compagnia, realtà viva. È un Dio famiglia nel senso che le diversità dei componenti dice l’unità senza fondersi, senza annullarsi. Anche noi siamo in rapporto alla Trinità: persone uguali e distinte. Ogni uomo ha il suo volto e la sua storia, i suoi desideri e le sue stanchezze, le sue ambizioni e le sue ansie. In tutto questo siamo uguali, ma anche non identici.
Il vangelo non ci dà una definizione della Trinità, ma ci racconta l’ultima missione affidata agli apostoli quando Gesù li manda dicendo loro: «Battezzate nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». “Battezzare” letteralmente significa “immergere”. A noi è chiesto di immergere nell’amore le persone che incontriamo. I nostri legami, gli abbracci, gli affetti, le parole, il silenzio, il perdono… tutto questo significa battezzare le persone. Può accadere che la sera della nostra giornata non abbiamo mai pensato a Dio, mai pronunciato il suo nome, ma se abbiamo creato relazioni buone, se abbiamo regalato gioia o speranza a una persona, abbiamo fatto la più bella professione di fede nella Trinità. Al contrario chi ripete a memoria tante volte il nome di Dio senza mai creare relazioni buone, senza mai tendere la mano a chi ha bisogno, rischia di negare quel Dio che ripete a parole. Gesù, come discepoli, ci invita anche a «insegnare, a osservare tutto ciò che ci ha comandato». Non si tratta di far conoscere un catechismo, ma letteralmente “in-segnare” significa “lasciare un segno”. L’appello di Gesù è di lasciare nelle persone che incontriamo un segno dell’amore, un segno di come lui ci ama. Questo è il segno che dobbiamo lasciare nelle nostre relazioni! La Trinità, come relazione di amore, ci descrive un cristianesimo che non cerca miracoli a buon mercato, ma il miracolo di chi amando fa star bene le persone.