Domenica 13 novembre 2022 - 33 C (Lc 21,5-19)
Nel brano di vangelo si affacciano delle immagini a dir poco inquietanti che ci turbano, quando Gesù parlando del tempio afferma: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Questo linguaggio tragico, non indica la fine del mondo, ma il significato del mondo. Quando l’evangelista scrive, il tempio è già stato distrutto e quando i cristiani si trovano esposti alla guerra romano-giudaica, alle persecuzioni della comunità di Palestina, alla fuga delle comunità cristiane verso la Giordania, vengono invitati a non perdersi d’animo. Il futuro della comunità cristiana è pieno di ombre, di incertezze e il clima generale non promette nulla di buono. In questo scenario Gesù invita alla fiducia dentro la tempesta, a credere che l’amore è più forte della cattiveria, poiché mettersi al suo seguito significa inoltrarsi su sentieri molto spesso contrastati. Non si tratta di fare calcoli misteriosi sulla fine del mondo giocando agli indovini, ma di rimanere con coraggio dentro la realtà assumendosi le responsabilità. Sono caduti e cadranno tanti pilastri sociali e religiosi, ma non sarà la fine. L’appello di Gesù è di non chiamarsi fuori, ma di restare tenaci, umili, impegnati nel quotidiano lavoro di prendersi cura della terra e delle sue ferite, delle persone e delle loro lacrime.
Il tono catastrofico del vangelo non ci fa volare sopra i problemi, ma ci invita a riporre fiducia nella misteriosa presenza di Dio che non abbandona la storia. I problemi non mancano:il degrado e i latrocini di chi ha responsabilità di governo, la corruzione dilagante, lo sfruttamento selvaggio delle risorse, i rifiuti tossici sepolti nel cuore del nostra madre terra, l’avvelenamento dei cibi e dell’aria che respiriamo, la diffusione delle droghe, la violenza contro le persone, gli abusi sui minori, il commercio delle vite umane, l’industria delle armi, il turismo sessuale… Eppure, certi momenti di disperazione storica, sono paradossalmente spirargli di una ripartenza. Guardando la cronaca nera dei telegiornali ci può prendere l’angoscia e diventare anche noi profeti di sventura dicendo:va sempre peggio, dove andremo a finire? Una volta non era così!In realtà Gesù ci sta dicendo che terremoti, carestie, pestilenze, guerre non sono i segni della fine. Egli non ci fornisce date della fine, non spiega “quando” verrà la fine, ma sposta l’attenzione sul “come” ci si prepara.Badate a non lasciarvi ingannare… non vi terrorizzate, avrete occasione di dare testimonianza. Dicendo che «nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto», Gesù rassicura che Dio è il custode innamorato di ogni frammento di vita e non opera selezioni su chi può scendere dalla croce e chi invece deve restarci. E ci incoraggia dicendo: «Risollevatevi e alzate il capo!».