Domenica 20 novembre 2022 (Lc 23,35-43)

In quest’ultima domenica dell’anno liturgico la festa di Cristo re può essere vissuta su due registri assai differenti. Un primo registro rinvia al 1925 quando il papa Pio XI, allarmato dal diffondersi dello spirito ‘laico’, istituì questa festa rilanciando l’immagine medievale di Gesù Cristo come titolare del potere su tutte le cose temporali e così riaffermava il diritto della gerarchia di intervenire in ambito politico. Un’immagine di Cristo davvero alterata e irriverente. Un secondo registro per vivere questa festa si rifà al vangelo mentre ci ricorda che Gesù fuggì quando vollero farlo re e che la lusinga della gloria non ha mai annebbiato la sua lucidità di profeta e di Messia. Il vangelo di oggi presenta la novità scandalosa di un Dio che presenta la sua regalità dalla Croce. Nelle mani non ha uno scettro, ma dei fori; sul capo non porta una corona d’oro, ma dei chiodi; non siede su un trono lussuoso, ma è appeso alla Croce. Verrebbe da chiederci: “…che razza di re è il nostro Dio?”. È un re diverso, talmente potente da lavare i piedi ai suoi discepoli e così forte da dare un boccone a chi lo stava per consegnare nelle mani dei suoi assassini. Il Dio di Gesù Cristo è onnipotente solo nell’amore!

Gesù sulla croce sta morendo e tutti lo prendono in giro. Gli uomini forti come i soldati lo deridono, ma anche le persone religiose e devote sono scandalizzate. Per tre volte gli ripetono: “Salva te stesso, se sei Dio!” C’è forse qualcosa che vale più di aver salva la vita? Si, sembra affermare Gesù. Qualcosa vale di più: l’amore vale più della vita. Gesù appare un re giustiziato, ma non vinto, un re che si lascia prendere in giro e cheostinato muoreamando, un re che si può rifiutare, ma che non potrà mai rifiutare noi. È il paradosso del cristianesimo. Noi, infatti, siamo sempre a caccia di vittorie, piccole o grandi che siano, coltiviamo il gusto dell’esibizione, il culto ossessivo dell’“Io”. Sogniamo di essere approvati e riconosciuti, cerchiamo consenso e attenzioni. Questo Dio, Re sulla croce, assomiglia al genitore appassionato, che ama anche se rifiutato, ci cerca anche se fuggiamo. Egli è il Re dei perdenti, dei malati, degli ultimi, dei sofferenti, perché sa bene che l’amore o va fino all’estremo o non è amore. Se allora noi siamo figli di questo Re, il potere che ci è dato sarà sempre e solo quello di servire e di amare. Diciamo allora grazie a Dio per tutte quelle mamme di fatto regine senza corona e quei papà di fatto re senza trono, che spendono la loro vita perché altri stiano bene. È troppo facile promuovere devozioni verso un Dio che non si vede, mentre si ignorano, o si strumentalizzano, i fratelli e le sorelle che si vedono.

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Domenica 13 novembre 2022 - 33 C (Lc 21,5-19)