Domenica 2 marzo 2025 - 8 C (Lc 6,39-45)

L’invito di Gesù è di guardarsi dentro. Ci porta alla scuola della sapienza degli alberi. La prima legge di un albero è portare frutto. Ed è la stessa regola che ispira il vangelo: portare frutti buoni con gesti che fanno davvero bene, con una parola che consola e guarisce, con un sorriso che riapre la speranza. Nel giudizio finale, non nel tribunale, ma nella rivelazione della verità ultima del nostro vivere, il dramma non saranno le nostre mani forse sporche, ma le mani desolatamente vuote, senza frutti buoni offerti per la fame di altri. Gli alberi, per loro natura, mostrano come non vivano per se stessi, ma al servizio di chi raccoglierà e mangerà i loro frutti. Dio non cerca alberi senza difetti, con nessun ramo spezzato dalle bufere della vita, ma alberi piegati dal peso dei tanti frutti, carichi di spighe e di pane, di grappoli e di lacrime asciugate.

A volte abbiamo la pretesa di essere guida dell’altro e maestro dell’altro, ma se siamo ciechi, che guida pretendiamo di essere? Se siamo falsi, che maestri vogliamo essere? Non bastano i titoli, le facciate, le poltrone, l’appartenenza a gruppi religiosi, l’abitudine di ripetere pratiche di pietà e poi scoprirsi come alberi che producono frutti acerbi e velenosi. L’invito di Gesù è a guardarsi dentro. Se uno è troppo occupato a guardare gli altri, a sentenziare sulle loro pagliuzze finisce per credersi senza difetti. Se i tuoi occhi sono chiusi, malati, diventano un pericolo per coloro che pretendi di accompagnare. La trave di cui parla il Vangelo è la falsità religiosa: ingigantiamo le colpe degli altri e minimizziamo i comportamenti di casa nostra. Controlla il cuore, dice Gesù, a volte basta il tono della voce per capire che cosa abbiamo nel cuore.

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Domenica 16 marzo 2025 -2 quaresima – C (Lc 9,28b-36)

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Domenica 23 febbraio 2025 - 7 C (Lc 6,27-38)