8 dicembre 2024 - Immacolata (Lc 1,26-38)
L’espressione “immacolata concezione della vergine Maria” può prestarsi a confusione. Non dimentichiamo che nelle tradizioni antiche dei popoli si racconta continuamente di nascite verginali e di figli di Dio che vengono dal Cielo. L’allora prof. Ratzinger disse che non sarebbe cambiata per nulla la posizione e la realtà di Gesù “quand’anche fosse nato da un normale matrimonio umano”. Quanto più si esalta una donna vergine, sottomessa, asessuata… tanto più si contribuisce a disprezzare le altre donne, come inferiori al modello ideale. L’esperienza di Maria testimonia che Dio ha avuto bisogno di una donna e dei suoi nove mesi. È più facile mettere a disposizione di Dio un’offerta, un locale, un rito religioso “piuttosto che – direbbe Maria – il “proprio grembo”. In realtà la solennità di oggi “esalta” l’azione generante di Dio in Gesù attraverso Maria.
Il vangelo ci aiuta a ritrovare una persona scomparsa, una donna vera, non una statua. Noi chiamiamo Maria con molti nomi, l’abbiamo rivestita di veli, di corone e di gioielli, dipinta e modellata come fosse una bambola. In questo modo abbiamo velato quella ragazza ebrea piena di fede che, con le sue perplessità e interrogativi, riuscì a dire: “Avvenga di me secondo la tua parola”. Tutto accade a Nazareth nella normalità di una casa, non a Gerusalemme, nel luogo della religione, nel tempio mentre sta facendo riti di preghiera. Maria non è una donna extraterrestre, ma l’icona del credente, del discepolo. È nostra sorella: chiamata beata perché ha creduto alla Parola ed è rimasta fedele fino alla croce del Figlio. Maria ci sta dicendo che Dio va ospitato dentro di noi in un grembo, piangendo con chi è attraversato da drammi devastanti e non predicando a occhi asciutti.