Domenica 2 febbraio 2025 - Presentazione del Signore (Lc 2,22-40)
Per secoli nell’Antico Testamento si è coltivata l’attesa e la certezza che un giorno Dio si sarebbe mostrato con tutta la sua forza contro chi non osservava la sua Legge. Ma con sorpresa entra nella storia in un modo del tutto inatteso. Ci si attendeva un suo ingresso trionfale nel santuario, fra schiere di angeli, giudice severo, pronto a condannare e invece entra come neonato debole, indifeso, avvolto in fasce, che ancora non parla. Non sono i sacerdoti ad accoglierlo, ma due laici anziani Simeone e Anna, innamorati della vita, di Dio, che non smettono di sperare. Gesù, infatti, non appartiene all’istituzione, alla gerarchia, non è dei preti, ma dell’umanità intera. Simeone prendendo in braccio il bambino dice: «I miei occhi hanno visto la salvezza di tutti». Ma quale salvezza hanno visto? Solo un bambino: Dio che si fa carne, storia amata, luce nel buio.
E Simeone aggiunge: «Egli è qui per la caduta, la risurrezione, …segno di contraddizione». Queste parole diventano preghiera. Fa “cadere” o Signore le mie sicurezze, il mio orgoglio, la mia presunzione. “Contraddici” i miei pensieri con i tuoi pensieri, demolisci le mie posizioni con la tua proposta di amore, contesta la mia visione del mondo con la tua, demolisci le mie sicurezze. Sii tu la mia “risurrezione” quanto cado a terra e non mi rialzo, sii tu la mia rinascita quando mi sembra che tutto sia finito, sii tu la mia rifioritura quando le stagioni della vita mi impediscono di fiorire. Sii tu la mia “risurrezione” quando sperimento l’inferno, la delusione, il tradimento, l’infedeltà. È così che Simeone e Anna, con gli occhi velati dalla vecchiaia e forse con qualche cataratta, se ne tornarono al magistero della famiglia senza smettere di vedere nel Bambino la Speranza fatta carne.