30 – A (Mt 22,34-40)
Al tempo di Gesù l’equivoco dei farisei era di vantarsi di aver ricevuto da Dio, rispetto agli altri popoli, un numero maggiore di leggi e di pensare che la coscienza a posto fosse questione di quantità di regole rispettate e di pratiche religiose eseguite. C’era quindi l’esigenza di capire in che cosa consisteva l’essenziale del credente. Per questo con una domanda trabocchetto, carica di malizia, interrogano Gesù dicendo: «Maestro qual è nella Legge il più grande comandamento?». Gesù risponde mettendo insieme due comandi: l’amore a Dio e l’amore al prossimo. Non possiamo nascondere che la parola “amore” crea oggi un sottile disagio. Ne parlano i genitori, i preti, i letterati, i poeti, i registi, le canzoni romantiche, sentimentali, spezzacuori… Di questa parola, spesso, ci si rimpie la bocca a cuor leggero. La novità del cristianesimo, tuttavia, non è il comando di amare Dio, perché sono molti gli uomini e le donne che nel mondo amano il loro Dio nelle rispettive religioni. La novità del cristianesimo non è neppure il comando di amare il prossimo come se stessi, perché è presente anche nell’Antico Testamento. La novità che introduce il vangelo non è l’amore, ma l’amore come quello di Cristo. Gli uomini amano, ma il cristiano ama alla maniera di Cristo. Non quanto lui ama, ma come Lui ama! Non si tratta di quantità, ma di atteggiamento, di stile.
Gesù ci aiuta a comprendere che l’amore non è un gesto, una azione, un portamento, ma è tutta la persona. Egli è l’Amore che si ferma quando qualcuno lo chiama, quando il peccatore lo cerca, quando la madre piange il figlio. Non è Gesù che comanda l’amore, ma è l’amore che comanda! Quando ami qualcuno sono le sue ferite che ti comandano, sono i suoi bisogni che ti ordinano di rispondere, sono le sue croci che ti chiedono di stargli vicino. È un’illusione e un puro inganno, se pensiamo di essere in buoni rapporti con Dio se ci rapportiamo male con qualcuno, chiunque sia. È un abbaglio pensarci bravi credenti e covare rancore verso il fratello. Legando i due comandi di amare Dio e il prossimo, Gesù ci dice che il primo senza il secondo non sta in piedi e che il secondo trova la sua origine nel primo. Più fedelmente si può tradurre: «Tutta la Legge e i profeti sono appesi a questi comandi». Tutta la vita del cristiano è appesa a questi due comandamenti, come una porta sta sospesa su due cardini, uno più in alto e uno più in basso. La vita cristiana, del resto, come la porta, non gira su un solo cardine. Sfortunatamente troppe esistenze falliscono perché appendono la loro vita a cardini inconsistenti, alle mode, a ciò che non ha spessore, all’apparenza. I due comandi di amore a Dio e al prossimo non sono separati, ma uniti. Non si tratta di riservare uno sguardo domenicale di amore verso Dio e poi uno sguardo settimanale di amore verso il fratello, ma di guardare ogni giorno, insieme a Dio, nella stessa direzione: in direzione del prossimo, delle sue ferite e delle sue speranze.