31 –Tutti i santi (Mt 5,1-12)

In questa giornata, che la liturgia dedica a tutti i Santi, il vangelo ci fa riascoltare il programma di Gesù all’inizio del suo ministero, quando ripete la parola: beati/felici/fortunati! Non possiamo negare che questa lista di beati ci mette un po’ tutti a disagio. Di che cosa si tratta? È una storiella da raccontare ai bambini perché non abbiamo paura del mondo e crescano ottimisti? È forse un parlare pubblicitario che descrive paesaggi perfetti, quanto impossibili? Che cosa significa ripetere il termine “beati” per otto volte? La sorpresa è che la betitudine evangelica non è un invito a sognare un mondo che non c’è, ma passa attraverso le strade della giustizia, della povertà, della purezza del cuore, del pianto, della sofferenza, della lotta per il bene. Il vangelo ci costringe a verificare la nostra fede non su un Dio che non vediamo e che può essere un orizzonte di inganno, ma sull’uomo. La vera storia dei santi non è l’esaltazione di persone nate riuscite, ma quella di credenti che si sono piegati per cercare il bene dell’altro, il meglio per il prossimo. La domanda della fede non è quella di uomini e donne che si rivolgono a Dio e gli chiedono «dove sei?», ma quella di Dio che si rivolge all’uomo e gli chiede: «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). Le parole di Gesù non ci descrivono un Dio imparziale o daltonico, ma che sa soffrire dove soffre chi ama. Le beatitudini ci interpellano circa la nostra responsabilità verso l’altro, verso la vittima, verso l’emarginato, verso chi piange… Questa è l’unica strada laica e profana, cristiana e religiosa, per trovare e vivere la felicità degli altri e la propria.

Il progetto indicato da Gesù, che chiama “beati” quelli cercano la giustizia, l’onestà, la correttezza, la difesa dei diritti umani, sembra un appello strano. Del resto ogni giorno sentiamo una musica diversa: si ripete che è beato il ricco, è felice chi vince, è fortunato chi la fa franca, è tranquillo chi si appoggia ai potenti, è soddisfatto chi fa bella figura, è felice chi pensa solo al proprio granaio… Gesù capovolge questa musica che promette ciò che non può dare e si rivolge a ciascuno dicendo:

Beato sei tu, se ti senti povero e consapevole di non farcela da solo,

Beato sei tu, se il tuo cuore si apre alle lacrime dell’altro,

Beato sei tu, se non cedi all’istinto di dominare i tuoi simili,

Beato sei tu, se chiudi la strada alla violenza e cerchi la giustizia,

Beato sei tu, se al rancore preferisci il perdono,

Beato sei tu, se il tuo cuore è pulito e libero da contraddizioni,

Beato sei tu, se non parli di pace, ma la fai ogni giorno,

Beato sei tu se non prendi paura quando ti insultano, perché sei esagerato nell’amare.

Perché questa è la strada che regala felicità agli altri e a te stesso.

Non possiamo oggi, nella solennità di tutti i santi, non fare memoria insieme a tutti i nostri cari defunti, di tutte quelle persone che il virus di quest’anno ha rubato agli affetti. Talvolta sono bastati pochi momenti di febbre, per poi non rivederli più. Sono i defunti del Covid-19! Abbiamo assistito ad agonie dolorose di chi, impotente cercava invano notizie di un volto caro, anche se molte mani di medici e infermieri, come esperti di umanità, hanno offerto una carezza, si sono tese a stringere quelle di chi moriva. Ci hanno riferito di salme cosparse di disinfettante e chiuse nei sacchi. Abbiamo visto la processione di camion carichi di bare verso inceneritori lontani. Mamme, papà, figli, nonni: persone, restituite in piccole urne ai familiari distrutti dal dolore. Non possiamo dimenticare. Abbiamo toccato con mano la nostra fragilità! E siamo beati non perché fragili, ma perché Dio ci ama.

Indietro
Indietro

32 – A (Mt 25,1-13)

Avanti
Avanti

30 – A (Mt 22,34-40)