3 gennaio 2021 -2a di Natale (Gv 1,1-18)
Ritorna oggi l’annuncio del Natale. L’evangelista Giovanni, tuttavia, non racconta nulla della nascita di Gesù, ma sceglie di spiegare il senso di questa nascita, il significato di un Dio che si fa uomo. Che cosa vuol dire che quel Dio che abita i cieli, decide di venire sulla terra? Che cosa significa la decisione di Dio di coinvolgersi nella vicenda umana? Alla domanda: dove si trova Dio? L’evangelista risponde che non lo trovi in un luogo, in uno spazio, in una costruzione, in una cattedrale, in un santuario, ma lo trovi dentro l’uomo. Giovanni afferma: «Il Verbo si è fatto carne». In altre parole Dio è entrato nella fragilità umana e quindi c’è un qualcosa in me che va oltre me stesso: Dio è nascosto in me. Non è materia, non è visibile. Tuttavia è una presenza silenziosa paragonabile alla luce che splende nelle tenebre. L’oscurità della storia ha tentato di spegnere questa luce, ma è stata vinta; il buio dei drammi umani si è illuso di poter vincere questa luce, ma ne è uscito sconfitto; la tenebra del peccato sembrava vittoriosa, ma ne è uscita perdente; la stessa morte pretendeva di essere l’ultima parola, ma l’ultima è stata la luce della risurrezione. La luce è ostinata nel voler vincere la tenebra. Dio è ostinato, insiste, non si dà per vinto. Non c’è nessun peccato che possa ritardare la sua misericordia, non c’è nessuna indifferenza che possa impedire il suo amore, non c’è nessuna fragilità che possa sospendere la sua forza.
Anche il genitore autentico traduce sulla terra la forza di questa luce ostinata. Non c’è nessun sbaglio del figlio che impedisca alla madre di continuare a volergli bene, non c’è nessun torto che gli impedisca al padre di abbracciare il figlio ribelle. Chi ama non lo fa perché l’altro se lo merita, ma perché ne ha bisogno! Chi ama di fronte al buio della vita non si dà per vinto, ma inventa le strade per far arrivare la luce. A te che vivi oggi avvolto dal buio della sofferenza, il vangelo ti dice: le tenebre del dolore non vincono. A te che vivi queste feste nella solitudine, il vangelo ti ripete: il buio del distacco è perdente. A te che vivi la stagione della pandemia, il vangelo ribadisce: la notte del virus è il tempo prima dell’alba. Forse proprio questo Covid-19, rubandoci tutto il miele con cui abbiamo ricoperto il Natale, ci ha permesso o costretto a riscoprire il vero Natale come l’incontro tra Dio e l’uomo, tra viventi, tra persone. Gesù non ha scelto una carne privilegiata per nascere, ma è venuto ad abitare la carne umana, la nostra storia: per quanto fragile e complicata essa sia. Egli è dentro le nostre ferite, le nostre solitudini, le nostre contraddizioni, dentro le nostre soddisfazioni, le nostre gioie, le nostre speranze. La fragilità della nostra carne è impregnata della Sua presenza. Sperimentare il limite della carne, toccare con mano la fragilità della carne, conoscere quanto è debole la nostra carne, è l’esperienza che ci rende umani. Quando una persona riconosce di essere di carne, infatti, avverte di aver bisogno dell’altro e in questo modo fa esperienza di Colui che si è fatto carne. Nonnonostante la fragilità della carne, ma proprio dentro questa fragilità!