Domenica 26 maggio 2024 - Trinità B (Mt 28,16-20)
Oggi la chiesa celebra Dio come “Trinità”: Padre, Figlio e Spirito Santo. Con questo termine non si tratta di definire Dio, ma è un linguaggio simbolico del Concilio di Costantinopoli I° (381), che descrive l’azione con cui Dio si rende presente alle sue creature. Nel testo biblico non si parla delle tre persone in un unico Dio. Il termine “Trinità”, tuttavia, è una formulazione antica della fede che ancora oggi può parlare ai nostri cuori. Le dottrine teologiche non sono la fede, ma dei modi provvisori per esprimerla. Il Vangelo non offre formule o concetti, ma un racconto. Si rivolge ai suoi che vedendolo «si prostrarono, ma dubitarono». Proprio a questi dice: «Andate… fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli… e insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato,… sono con voi tutti i giorni fino alla fine».
Il Risorto, per spiegare chi è Dio, non convoca le migliori intelligenze del tempo, ma undici pescatori, consapevoli di dubitare, di non capire, persone che si sentono piccole e avvolte da un mistero più grande di loro. Il Risorto si avvicina a tutti, anche a quelli che dubitavano ancora, a quel gruppo che ha conosciuto il tradimento, la fuga, il suicidio di uno di loro. Questi pescatori capaci di adorare e di dubitare siamo noi, che ogni giorno sperimentiamo l’avvicinarsi del Risorto che per raccontarci di Dio usa le parole di famiglia: padre, figlio e respiro di vita. In altre parole ci dice che Dio è relazione, è compagnia, è amore. Per spiegare quella che chiamiamo “Trinità”, il Risorto ci racconta che cosa Dio fa per noi: ci ama. È impossibile spiegare il motivo per cui una persona ama qualcun altro. Possiamo sprecare fiume di parole per spiegare che cos’è l’amore, ma lo capiamo realmente solo quando facciamo quell’esperienza. Le cose di Dio si capiscono amando!